Il decreto legislativo sulle semplificazioni fiscali ha modificato le regole fiscali sulle spese vitto e alloggio, acquistate direttamente dal committente per conto del professionista.
Fino al 31 dicembre 2014, le spese relative a prestazioni alberghiere o a somministrazione di alimenti e bevande a vantaggio dei professionisti, possono essere sostenute direttamente dal consulente per conto del committente (non anche in nome dello stesso), ovvero sia in nome che per conto del cliente. In alternativa, possono essere sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate nella fattura.
Sommario
Le tre modalità
Con il primo metodo, il documento di spesa va registrato dal professionista (detraendo l’eventuale Iva) e va dedotto al 75% (e massimo 2% dei compensi). Nella fattura del professionista, l’imponibile di questo rimborso va assoggettato ad Iva, a ritenuta d’acconto e al contributo integrativo o alla gestione separata.
Con il secondo metodo (in nome e per conto del cliente),il documento della spesa, pagata dal professionista, è anche intestato al committente, non va registrato dal consulente e quest’ultimo ne chiede il rimborso al cliente, senza applicargli l’Iva, il contributo previdenziale e la ritenuta. Il relativo incasso, poi, non è tassato ad Irpef.
Con il terzo metodo, per evitare, in capo al professionista, le limitazioni alla deduzione del costo del primo metodo, dal 4 luglio 2006 le spese per vitto e alloggio possono essere integralmente deducibili (non si applicano i suddetti limiti del 75% e del 2%), se sono sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate nella fattura, emessa dal professionista nei confronti del committente.
Il metodo alternativo
L’articolo 10 del decreto legislativo sulle semplificazioni fiscali, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015, ha eliminato l’articolo 54, comma 5, secondo periodo,Tuir, il quale ha dato origine al suddetto terzo metodo alternativo. Quindi, per i professionisti le «spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande» non saranno più integralmente deducibili (quindi, senza applicare i limiti del 75% della spesa e del 2% dei compensi), «se sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate nella fattura».
Al posto di questa norma, è stato previsto che «le prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande acquistate direttamente dal committente» non costituiranno più «compensi in natura per il professionista». Quest’ultimo, quindi, non dovrà più riaddebitare le spese in fattura al committente e non potrà dedurle.
In attesa degli opportuni chiarimenti dell’agenzia delle Entrate, si ritiene che debba essere superata tutta la complicata procedura suddetta del terzo metodo e che il professionista non possa più dedurre il costo e detrarre l’Iva della fattura alberghiera e del vitto, limitandosi a fatturare al committente solo il compenso.
Spese vitto e alloggio: i chiarimenti delle Entrate
In capo al committente, invece, il costo delle prestazioni alberghiere o della somministrazione di alimenti e bevande, a lui fatturato, dovrebbe essere deducibile con le normali regole, cioè solo per il 75% (anche se si segnalano opinioni dottrinali propense alla piena deduzione del costo). L’Iva, invece, è detraibile.