Regime forfettario, la problematica degli acquisti intracomunitari sotto soglia

L’introduzione di un sistema alternato di tassazione all’origine o a destino, in funzione dell’ammontare complessivo degli acquisti di beni da parte dei nuovi minimi presso fornitori comunitari, può comportare qualche complicazione. Dovrebbero essere soggetti all’Iva dello Stato membro del fornitore gli acquisti di beni sotto la soglia di 10mila euro, mentre sono trattati come acquisti intracomunitari, con imposta dovuta in Italia, quelli eseguiti una volta superato il limite di legge e sempre che l’operatore non abbia optato per l’applicazione dell’Iva nel nostro Paese anche in relazione agli acquisti sotto soglia (articolo 38, comma 5, lettera c, del Dl 331/1993).
In presenza delle condizioni per applicare l’Iva del Paese estero, però, si pone il tema della segnalazione alla controparte comunitaria del fatto che l’operazione dovrebbe essere soggetta all’imposta del Paese del fornitore dei beni e non essere trattata come cessione intracomunitaria.
In assenza di chiarimenti ufficiali, si ritiene che la soluzione potrebbe consistere in una comunicazione al fornitore stesso, valida fino a diverso avviso, in cui precisare, con i dovuti richiami normativi alla specifica condizione soggettiva del cessionario, che le forniture dovrebbero scontare l’Iva del Paese del cedente.
Va anche osservato che, in assenza di una specifica previsione normativa, al pari di quanto stabilito in passato per i contribuenti minimi (circolare 39/E/2011, paragrafo 2) i soggetti che applicano il nuovo regime forfettario dovrebbero essere tenuti all’iscrizione all’archivio Vies. In questo caso però, l’iscrizione dovrebbe scattare se è stata superata la soglia dei 10mila euro, come già le Entrate avevano affermato per gli enti non commerciali che non effettuano attività commerciale e per i produttori agricoli. Tuttavia, affidare il corretto inquadramento di tali operazioni all’iscrizione al Vies non offre le medesime garanzie di una comunicazione espressa. E ciò, sia perché occorre confidare nella diligenza del cedente comunitario, il quale, ogni volta, prima di dar corso alla cessione e, dunque, decidere se applicare o meno l’imposta locale, dovrebbe verificare l’eventuale intervenuta visibilità comunitaria del cessionario nazionale, sia perché l’iscrizione al Vies potrebbe dipendere dal fatto che il soggetto è incluso nell’anagrafe degli operatori Ue, ma solo perché coinvolto in prestazioni di servizi ex articolo 7 ter del Dpr 633/1973.
D’altra parte, l’iscrizione al Vies, nel caso di un soggetto cui è impedita la detrazione, come avviene per i contribuenti nel nuovo regime agevolato, assolve anche la funzione di ripartire il gettito Iva fra i vari Paese Ue. Questo non avverrebbe se il contribuente fosse libero di non segnalarsi come operatore intracomunitario, scegliendo di assolvere sempre l’imposta all’origine e localizzando così i propri acquisti nei Paesi comunitari dove l’aliquota è più bassa e dove l’imposta indetraibile pesa meno.

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