Se sbaglia il commercialista chi paga? Una domanda che si pongono in molti. E alla quale già in molti hanno dato una risposta. Ora ce n’è una in più, di risposta: «Il contribuente che versa in ritardo le imposte paga le sanzioni anche se a sbagliare è stato il commercialista, già querelato per truffa».
È quanto emerge dalla sentenza numero 2813/13 della Suprema Corte di Cassazione, pubblicata il 6 febbraio 2013.
Il giudizio, infatti, decretato dalla Sesta Sezione Civile Tributaria trae origine dall’impugnazione, da parte di una società, di un avviso di accertamento per IVA, IRPEG e IRAP per gli anni d’imposta 2000 e 2001. I giudici hanno confermato l’accertamento, ma non le sanzioni, che sono state quindi dichiarate non dovute. Ma contro tale decisione, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando il vizio di motivazione e la violazione degli artt. 6 del D. Lgs. n. 472 del 1997 e 2697 C.c.
Gli Ermellini hanno dichiarato il ricorso fondato, in quanto è risultato non assolto l’obbligo motivazionale. Quindi, nel caso di specie, la CTR ha utilizzato espressioni “apodittiche e generiche”, non risultando verificato ed evidenziato se la responsabilità del professionista attenesse all’omessa dichiarazione o al mancato pagamento e neppure gli elementi presi in considerazione e valorizzati, “per giungere a ritenere che la responsabilità esclusiva dell’infrazione fiscale fosse riconducibile a fatto di terzi e che nessuna colpa fosse addebitale alla società, malgrado l’obbligo specifico degli adempimenti dovuti e rimasti inevasi, gravasse sulla stessa”.
Ed in effetti, è orientamento consolidato la non punibilità del contribuente solo dietro “convincente dimostrazione” che la violazione sia esclusivamente addebitabile al professionista, denunciato alle autorità (Cass. n. 25136/2009, CTR Puglia 3/10/2012, Cass. n. 2360/2012).