Google Adsense e partita Iva: inquadramento fiscale

Laddove un sito con al suo interno degli annunci pubblicitari di Google Adsense registri un numero maggiore di visite (e di guadagni) e sia curato con frequenza e in modo continuato, scatta l’obbligo di procedere all’apertura della partita Iva e agli adempimenti fiscali e legali del caso.

Primi obblighi fiscali per una attività abituale su un blog con i banners di google Adsense

Va subito precisato che l’obbligo di apertura della Partita Iva non è collegato al fattore dei guadagni e della regola base dei 5000 euro per rilasciare ricevute di prestazioni occasionali, poichè se il sito comincia a registrare un maggiore numero di visite ed essere curato con frequenza è a tutti gli effetti un’attività da gestire con apertura di partita Iva.

Nel caso poi specifico delle attività di gestione di un blog e guadagni costituiti esclusivamente dai banners pubblicitari di Google Adsense, è necessario inserire nella domanda di richiesta di attribuzione della partita Iva, il seguente codice di attività: 73.11.02. Tale codice, infatti, identifica soprattutto le attività legate alla conduzione di campagne di marketing e dei servizi pubblicitari. Segue l’obbligo da parte del soggetto di iscrizione al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio, per la natura commerciale legata all’attività di servizi pubblicitari con google adsense.

Come ogni attività con partita Iva, è necessario procedere anche all’iscrizione Inps per il versamento dei contributi, con l’unica differenza di diversa cassa. In tale caso, infatti, l’iscrizione non dovrà essere eseguita alla gestione separata Inps ma alla gestione commercianti Inps. Inoltre, laddove siano presenti i requisiti di base come il fatturato minimo, è anche possibile richiedere l’apertura di una partita Iva in regime agevolato (ad oggi è presente il solo regime forfettario)  e accedere a semplificazioni fiscali e contabili rispetto al regime ordinario.

Ulteriori adempimenti per l’attività di gestione del blog con banners Google Adsense

Altri importantissimi adempimenti per una attività di gestione blog con banners di Google Adsense svolta in modo abituale, oltre a quelli già citati di apertura partita Iva, iscrizione alla camera di commercio e alla gestione commercianti Inps, sono:

  • Invio di una fattura alla società facente capo a google adsense, con un riepilogo dei dati sull’importo guadagnato e della descrizione del sito e del periodi di riferimento degli annunci con google adsense.
  • Iscrizione all’archivio dei soggetti fiscali su operazioni intracomunitarie (Vies) poichè parliamo di un rapporto che si instaura con una società non presente sul territorio italiano.
  • Compilazione e presentazione del Modello Unico per la dichiarazione dei redditi generati con Google adsense sul proprio sito.

Leggi come dichiarare i guadagni di Google Adsense

2 commenti su “Google Adsense e partita Iva: inquadramento fiscale”

  1. In base al vostro articolo, “Adsense e partita iva”, bisogna concludere che chi riesce a guadagnare 3000 euro l’anno, o magari 50 euro, con un blog deve rinunciarci e magari privarsi dell’unico sostegno che ha? Ma quale attività commerciale farebbe? Cosa fa in pratica oggi un blogger? Inserisce un codice in un sito, anzi un numero quello di Adsense e poi non fa più niente, perché magari inserisce il pilota automatico delle pubblicità, ovvero la scelta del dove posizionare le pubblicità vien fatta dal sistema gestito dall’azienda che offre lo spazio, ad esempio WordPress. Certo, quel codice farà visualizzare pubblicità ma che in realtà non stanno nella pagina del sito, ma agganciate alla pagina, sembrano nella pagina ma sono esterne ad esse dal punto di vista informatico, come una pubblicità sul tetto di una casa o su di un cartellone installato in un terreno (consultare un informatico). Ricordare pure le pop under che si aprono proprio in un’altra pagina, visibile ad occhio inesperto. Dunque al massimo si può parlare di affitto di uno spazio del sito, volendo immaginare il codice inserito come il piede, generatore poi delle pubblicità, di un tabellone installato su di un terreno o su una casa. Le pubblicità si fanno con dei contratti e di certo il blogger non fa contratti con le aziende, se lo facesse allora si che dovrebbe fare impresa. Dunque che fa il blogger medio? Scrive contenuti e pubblica articoli, scegli i caratteri, i colori, ma per quanto riguarda le pubblicità non fa altro che subire le scelte fatte dalle aziende che ricercano pubblicità. Infatti se volesse togliere una pubblicità non può farlo, né ne può inserire a suo piacere. Il blogger è un autore e scrive contenuti e i suoi compensi dovrebbero essere assimilati o a quelli del diritto d’autore o al massimo come quelli di una locazione di un bene mobile. Appare il seguente parallelo: proprietario di un terreno fa installare un cartellone, poi l’azienda se lo fitta e mette pubblicità, pagando al proprietario un fitto per il terreno concesso o per il cartellone pubblicitario. Certamente i proventi vanno dichiarati, ma far diventare un blogger che pubblica contenuti, ed esercita un minimo di gestione di pagine, carica e cancella, un’azienda tale da attivare partita iva, contributi, eccetera eccetera, appare una follia tutta italiana.

    1. Sono pienamente d’accordo, questa è follia pura. Veramente i nostri cari politici si chiedono perché i giovani vanno via dal paese?

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