In una recente sentenza della Corte di Cassazione è stato affrontato un tema molto attuale sui costi comuni di uno studio e sul come debbano essere realmente ripartiti tra i differenti professionisti presenti al suo interno.
Sommario
Il contenuto della sentenza n. 16035/15 del 29 luglio 2015 sui costi comuni di uno studio
La sentenza n. 16035/15 del 29 luglio 2015 delle Corte di Cassazione interviene circa una recente richiesta dall’Agenzia delle Entrate, di una tassa a recupero dei costi su un professionista che non aveva al contrario dedotto le spese comuni tra i vari colleghi di uno studio.
Ebbene la Cassazione ha voluto chiarire che in tale caso non è possibile procedere ad un pagamento solo da parte dell’intestatario delle bollette stesse e che costi comuni come telefono, luce o segretaria in comune, devono essere addebitati nuovamente a tutti i professionisti presenti in studio che usufruiscono comunque di tali elementi.
In particolare sono state utilizzate come riferimento due importanti circolari pubblicate dalle Agenzie delle Entrate per chiarire al meglio come gestire e addebitare le spese comuni di uno studio costituito da più professionisti: la numero 58/E e la 38/E.
Riferimenti utilizzati per la decisione della Corte di Cassazione sui costi comuni di uno studio
La circolare 58/E del 18 giugno 2001, interviene sia sulla questione dell’ addebito e sia della classificazione del reddito da lavoro autonomo, stabilendo che un addebito delle spese in comune deve essere eseguito con una emissione di fattura assoggetta ad Iva da parte del titolare delle utente agli altri professionisti in studio.
Mentre rispetto alla formazione del reddito, bisogna considerare le somme pagate dagli altri professionisti in una più classica riclassificazione (verso il ribasso) dei costi sostenuti dall’intestatario dell’utenza.
La circolare 38/E del 23 giugno 2010, interviene invece sulle modalità circa l’addebito dei costi comuni, stabilendo che il costo sostenuto dal professionista titolare delle utente può essere dedotto solo parzialmente e senza considerare anche la parte addebitata agli altri professionisti.
Mentre rispetto alla formazione del reddito, le somme addebitate agli altri professionisti non rientrano nella definizione di redditi da lavoro autonomo.
Si legge infine nella sentenza n. 16035/15 del 29 luglio 2015 delle Corte di Cassazione, che i rimborsi per le spese comuni all’intestatario dello studio professionale sono considerati solo come minori costi di gestione e non come componenti positivi del reddito.
E che una eventuale suddivisione tra i professionisti di uno stesso studio potrebbe avvenire sulla base della percentuale dei compensi percepiti (se riscontrabili con appositi dati) in modo da garantire una migliore ripartizione dei suddetti costi.