Cambio mansione dipendente: quando è leggittimo?

La Corte di Cassazione, grazie alla sentenza n. 11395 del 22 maggio 2014, è intervenuto in materia di cambio mansione lavorativa sancendo la liceità nel caso in cui ci sia l’esigenza di una ristrutturazione aziendale. Secondo la Corte, il divieto di demansionamento del prestatore di lavoro non viene violato visto che, in caso di riorganizzazione dell’azienda, il mutamento delle mansioni lavorative è considerato legittimo.

Cambio mansione dipendente, quando è consentito?

In generale il prestatore di lavoro deve dedicarsi alla mansione e qualifica per cui è stato assunto. Nel caso in cui ci fosse un cambiamento, devono appartenere a una categoria superiore oppure devono essere mansioni equivalenti e dunque senza comportare una diminuzione della retribuzione. In poche parole il divieto di demansionamento è rivolto solo ai lavoratori con mansioni inferiori oppure non equivalenti. Il datore di lavoro quindi può continuare a usufruire delle prestazioni del lavoratore riconoscendo soprattutto l’interesse del dipendente che potrà continuare a praticare le mansioni per cui è stato assunto. Qualunque sia il cambio di mansione, il lavoratore dovrà avere la garanzia del mantenimento della retribuzione. Nel caso in cui il datore di lavoro voglia attribuire delle mansioni inferiori, il lavoratore potrà essere trasferito in un’altra unità produttiva solo se ci siano ragioni organizzative, tecniche e produttive che vengano comprovate.

Secondo la Suprema Corte, il mutamento delle mansioni del lavoratore sono lecite, anche se nel contratto di lavoro erano stati assegnati dei compiti diversi. Nello specifico il legislatore attribuisce al datore di lavoro un potere organizzativo: il datore può giustificare cambiamenti del luogo di lavoro o di mansione secondo i requisiti previsti a tutela di colui che presta il lavoro. La Cassazione comunque chiarisce che la norma citata tiene conto del bilanciamento di interessi del datore e del dipendente. Da un lato, infatti, potrà continuare a rendere la propria organizzazione aziendale efficiente e produttiva mentre, dall’altro, il lavoratore potrà vedere riconosciuto il proprio diritto al mantenimento del posto di lavoro. Se le scelte del datore di lavoro sono legittime e comportanti interventi di ristrutturazione, l’attribuzione di mansioni diverse al dipendente non è considerato un atto in contrasto con quanto previsto dal codice civile, a patto che il livello di retribuzione rimanga uguale. In tal caso, la Suprema Corte non prevede nessun danno a carico del lavoratore che verrà collocato in una posizione diversa dal momento che sono garantiti professionalità e stessa retribuzione.

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